La parità di genere in Italia è ancora un’utopia, nonostante tutte le richieste per porre fine a ogni sorta di discriminazione, a casa come sul posto di lavoro. Il nostro Paese, infatti, risulta ancora sotto la media del resto delle nazioni dell’Unione Europea, come svelato dal nuovo Rapporto ASviS 2023, che mostra un quadro in cui le disuguaglianze di genere sono ancora molto profonte e ingiuste in Italia.
I progressi verso il raggiungimento dei traguardi dell’Obiettivo 5 “Parità di genere” dell’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile registrati negli ultimi sette anni sono davvero pochi. Per quello che riguarda il nostro Paese, quanto conquistato finora non è assolutamente sufficiente per raggiungere i goals del documento firmato dai Paesi membri dell’Onu. Allinearsi verso la media dell’Unione Europea appare un sogno ancora lontano da raggiungere.
La strada verso l’obiettivo 5 dell’Agenda 2030
Dal 2015 a oggi l’indicatore composito italiano per il Goal 5 è effettivamente migliorato. Anche se la pandemia ha spesso reso vani tutti gli sforzi fatti fino al 2020. Ad aumentare, ad esempio, la speranza di vita per le donne e la quota di donne occupate (erano il 55% nel 2022, con un incremento di 2,9 punti percentuali rispetto al 2020). Inoltre, si sono ridotte le quote del part time involontario, sono aumentate le donne con lauree in materie tecnico-scientifiche (erano il 13,2% nel 2022), mentre la presenza femminale in ruoli apicali, come consigli di amministrazione o consigli regionali, è cresciuta. Ma questo non è assolutamente sufficiente.
Secondo il Rapporto ASviS 2023, l’Italia è ancora parecchio indietro su molti altri indicatori del quinto tra gli SDGs promossi dall’Agenda 2030, “Raggiungere l’uguaglianza di genere ed emancipare tutte le donne e le ragazze“. I traguardi da raggiungere sono molti e ambiziosi.
- porre fine a ogni forma di discriminazione nei confronti di donne e ragazze
- eliminare ogni forma di violenza
- eliminare pratiche abusive abusive come il matrimonio combinato, le spose bambine, le mutilazioni genitali femminili
- riconoscere il lavoro domestico non retribuito
- garantire le pari opportunità a ogni livello nella vita pubblica e in ambito politico ed economico, assicurare garantire l’accesso.
E l’Italia è molto indietro per quanto riguarda molti di questi punti.
Il rapporto svela che anche altre sono le lacune nel nostro paese
- carenza nel welfare per l’offerta di servizi
- situazione reddituale delle donne non rosea
- supporto quasi inesistente nei carichi di cura (fattore che spesso incide anche sul tasso di natalità)
- fenomeni di violenza in ambito familiare, lavorativo, sanitario ed economico ancora troppo presenti, con troppi femminicidi che dovrebbero pesare sulle nostre coscienze come macigni (sono stati 125 nel 2022)
Parità di genere in Italia: alte le disuguaglianze tra regioni
L’Italia è al 79esimo posto nella graduatoria di 146 Paesi del Global gender gap report 2023. Rispetto ai dati dell’anno scorso, abbiamo perso 16 posizioni. Continuando con il ritmo registrato adesso, l’Unione Europea ci metterà 67 anni a raggiungere la parità di genere. Mentre per l’Italia i tempi saranno decisamente più lunghi.
Le cose non vanno meglio se si guarda il punteggio che l’European institute for gender equality ha assegnato al bel paese. Abbiamo 3,6 punti in meno rispetto alla media europea. Le noti dolenti riguardano tantissime voci. Ad esempio, abbiamo un tasso di occupazione femmininile che è il più basso rispetto alla media europea: nel 2021 era inferiore di 14,4 punti percentuali. Mentre le disuguaglianze tra le regioni sono ancora profonde.
La parità di genere non è vista come una priorità
Il rapporto svela che “nonostante il fatto che la lotta alle disparità di genere costituisca uno dei maggiori strumenti per conseguire uno sviluppo sostenibile e uno strumento per lottare contro la povertà, solo il 13% di coloro i quali conoscono l’Agenda 2030 cita questo Obiettivo come prioritario, relegandolo in sestultima posizione“.
Anche per l’opinione pubblica (e non sono molte le persone che purtroppo conoscono l’Agenda 2030) la discriminazione di genere non rappresenta una priorità per rendere il mondo più sostenibile. Eppure si tratta proprio di uno dei primi passi utili per garantire pari opportunità a ogni singolo cittadino su questa Terra, uomo o donna che sia. E fa male leggere che “ancora oggi solo il 30% della popolazione dichiara che le donne sono il gruppo di persone maggiormente soggetto a un trattamento ineguale e ingiusto nel nostor Paese. A fronte di un 5% che pensa che a esserlo siano gli uomini“.
Il quadro che emerge dal rapporto dell’ASviS e anche da tutti gli altri report resi noti in questo 2023 non fanno ben sperare. Siamo ancora molto indietro e recuperare il tempo perduto sembra ormai impensabile, se non impossibile. Ma c’è chi è sempre al lavoro per ribaltare la situazione. E anche per cambiare cultura e mentalità. Quello che è emerso è che alcuni dati e alcune dichiarazioni svelano che la popolazione non solo non pensa alla parità di genere come a un problema urgente. Ma in alcuni casi nega anche che le donne siano discriminate in un paese come il nostro.