Addio Bimby. Sul top laminato della cucina potrebbe trovare spazio una stampante 3D.
Il cibo così realizzato mette fine alla macellazione degli animali e alle questioni etiche e ambientali legate a questo, va incontro alle esigenze alimentari, comprese intolleranze e allergie, in quanto puoi selezionare gli ingredienti ad hoc per te, e apre scenari nuovi in materia di food.
Il tema non è nuovo, se ne parla da tempo, con sperimentazioni in vari campi, che non sempre riscuotono successo.
Tra lo chef stellato, la nonna e la stampante, tra i sapori che si sprigionano da quel secondo piatto cotto ad arte, il ragù fatto bollire per ore e le tagliatelle tirate a mattarello e la prospettiva di cibarsi in seguito ad un calcolo matematico, probabilmente nella nostra mente c’è la stessa distanza che passa tra il godere del cibo e il nutrirsi. Tra il lunch domenicale e la pausa pranzo in ufficio quotidiana. Tra la dieta per calare di peso e l’esperienza sensoriale.
Ma il tema ritorna. Anche perché in un’economia che mira ad essere circolare, ma che in tema di cibo fa distinguo non accettabili tra paesi del mondo, tra redditi diversi, tra sprechi e rifiuti impattanti, sul piatto, appunto, bisogna mettere le soluzioni più efficaci.
Sushi stampato in 3D.
È notizia recente l’apertura del sushi in 3D che arriva dal Giappone, personalizzabile secondo i gusti del cliente. Ma anche delle necessità dell’organismo.
Nel 2020 a Tokyo è prevista l’apertura di un locale piuttosto singolare, e non solo nel nome. Si chiama Sushi singularity e offre l’opportunità di mangiare sushi su misura, con una metodologia che ha più il sapore di un laboratorio di analisi, che di un locale per l’intrattenimento.
Al momento della prenotazione, questa l’idea, si consegna al cliente un tampone salivare e contenitori per urine e feci. Dall’indagine di queste informazioni, si potrà capire il cibo giusto per il benessere fisico del cliente. Non sappiamo se anche per le sue papille gustative.
Cibo stampato in 3D: quello che vedi, inganna.
Estremizzazioni a parte, il cibo 3d viene sottoposto a test d’esame di cuochi ed esperti in materia, alcuni scettici sulla consistenza e con l’idea che possa essere più adatto per le decorazioni, ma incapace di sostituire, ad esempio, la consistenza di una bistecca.
Proprio dalla consistenza, agli ingegnosi svedesi è venuta in mente un’idea: utilizzare il cibo stampato in 3D nelle case di cura per anziani. Un modo per stimolare l’appetito visivo, fornendo nutrienti e una modalità di assunzione compatibile con il target di destinazione. Stessa idea è venuta alla Danimarca, con sperimentazioni nel dipartimento di scienze alimentari dell’Università di Copenaghen.