L’italiano è la lingua dell’amore. E ha l’accento più sexy d’Europa

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Patrizia Chimera
Patrizia Chimera
Giornalista pubblicista di attualità e lifestyle. Spirito zen, curiosità innata, ama sempre mettere tutto in discussione
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Un Ti amo sussurrato dolcemente all’orecchio dell’amata o dell’amato è meglio di un I Love You. Pensaci.
Ogni lingua ha il suo stile. E la sua utilità. Il tedesco è il tono autoritario usato anche per addestrare i cani. Il francese è un linguaggio smieloso, cadenzato, degno di canzoni che strappano l’anima e lacerano il cuore. L’inglese è la lingua universale per eccellenza, legata anche al business e alla tecnologia. E l’italiano?

amore
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L’italiano è la lingua dell’amore.

L’italiano è una lingua romantica. Come lo sono anche gli italiani, del resto. Se ne sono accorti anche quelli della BBC, in un lungo articolo in cui si ripercorre la storia della lingua italiana. Una storia avvincente. “In Italy, beauty is paramount. And Italian is no different. (In Italia, la bellezza è fondamentale. E l’italiano non è diverso)“. E se lo dice la BBC allora non può che essere vero.
Lo conferma persino uno studio di Today Translations, che indica come l’italiano sia la lingua più romantica del mondo. Una lingua dolce, che coccola parola dopo parola, senza mai diventare autoritaria, ma rivolgendosi sempre al cuore.

Gli stranieri scelgono di imparare l’italiano perché è la lingua più bella del mondo, come attesta anche un sondaggio di lingua e cultura italiana. Una lingua di piacere, del cuore, dell’amore e della passione, che esprime, vocabolo dopo vocabolo, stati d’animo ed emozioni. Un linguaggio che dona felicità.

Ma la lingua italiana è anche sexy.

È una lingua “sexy” per antonomasia, la più sexy d’Europa, come conferma un recente studio. Ma anche del mondo, come dimostrato da una ricerca di Babbel. Non è un caso se l’italiano è la quarta lingua studiata al mondo. Piace e piace sempre di più.
Piace perché la sua cadenza incanta e conquista. Perché è una lingua trascinante, che unisce la passionalità dello spagnolo e la seduzione del francese. E perché riporta alla mente grandi storie d’amore, città delle quali cadere innamorati, come Roma, Venezia o Firenze, panorami, albe e tramonti di fronte ai quali nessuno resisterebbe al richiamo della passione.
Secondo un sondaggio condotto dalla BBC su Facebook, l’accento italiano conquista per i suoi suoni e i suoi vocalizzi senza filtro, che rispecchiano la storia del bel paese.

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È una lingua cantata. La lingua degli angeli.

L’italiano parla dritto al cuore per tanti motivi. Linguistici, prima di tutto. Pensiamo al nostro accento e al suono morbido delle parole dedicate all’amore. Ti amo, ti voglio bene, amore… È una lingua che a ogni parola associa sonorità che sembrano quasi cantate. Come dolci melodie che arrivano a colpire i tasti più profondi della nostra anima. “L’italiano è la più facile, è fatto per cantare“, lo dice Phil Collins.

Si narra che Carlo V abbia pronunciato una frase che spiega come già alla sua epoca l’italiano fosse la lingua delle conquiste. E non intese come conquiste territoriali. “Parlo in spagnolo con Dio, in francese con gli uomini, in tedesco col mio cavallo, in italiano con le donne“. E in inglese per gli scambi commerciali.
Tutta colpa (o merito?) delle sonorità e di suoni che fanno sì che l’italiano sia melodioso più di ogni altra lingua. Francese compreso.
Thomas Mann aggiunge a questo quadro già idilliaco una frase esemplare:

Ma signore che cosa mi domanda? Son veramente innamorato di questa bellissima lingua, la più bella del mondo. Ho bisogno soltanto di aprire la mia bocca e involontariamente diventa il fonte di tutta l’armonia di questo idioma celeste. Sì caro signore per me non c’è dubbio che gli angeli parlano italiano. Impossibile immaginare che queste creature del cielo si servano di una lingua meno musicale.

Lo fa dire a uno dei suoi personaggi letterari, Felix Krull, in Confessioni del cavaliere, cogliendo alla perfezione le sfumature di una lingua angelica, quasi di un’altra dimensione. Una lingua che si presta bene al cantato, si diceva. Come si prestavano le rime e le strofe dei grandi poeti italiani, che sembravano cantilene, canti narrativi, dove la bellezza era sempre grande protagonista. È come se ogni poesia fosse una serenata da fare all’amata. L’amata che non si accorgeva del povero poeta e del suo amore profondo, come Beatrice con Dante o Silvia con Leopardi più avanti. O l’amata che condivideva sentimenti e struggimento per un’unione magari impossibile.
In “Corinna o l’Italia” di Madame de Staël questo concetto è meravigliosamente espresso con parole degne della lingua degli angeli:

Chi non ha mai sentito il canto italiano non sa che cosa sia la musica. Le voci in Italia hanno una morbidezza e una dolcezza che ricordano sia il profumo dei fiori che la purezza del cielo. La natura ha destinato quella musica a questo clima, l’una è come il riflesso dell’altro.

È la lingua inventata dai poeti.

Le parole in italiano hanno un suono melodico. Lo hanno sempre avuto. Anche quando l’italiano non esisteva ancora. O meglio, non esisteva l’italiano che conosciamo oggi. Il merito è del fatto che l’italiano è stato di fatto inventato da poeti e scrittori, che sapevamo come rendere bella ogni frase.

L’italiano è una lingua romanza. Lo dice già il nome stesso. È destinata a romanzare ogni cosa. Anche gli argomenti più banali. Se raccontati in italiano hanno tutto un altro sapore. Dal latino al volgare italiano, il passo non è stato breve. Nel XIII secolo alcuni artisti della parola scelgono questa lingua ancora non raffinata, lontana dall’elegante latino e più vicina al parlato, che nel Rinascimento sarà portavoce di grandi cambiamenti culturali. Dalla Divina Commedia di Dante Alighieri (“Amor, ch’a nullo amato amar perdona“) alle poesie di Francesco Petrarca, passando per la prosa di Giovanni Boccaccio (“Vien dunque, Amor, cagion d’ogni mio bene, d’ogni speranza e d’ogni lieto effetto; cantiamo insieme un poco, non de’ sospir né delle amare pene ch’or più dolce mi fanno il tuo diletto, ma sol del chiaro foco, nel quale ardendo in festa vivo e ‘n gioco, te adorando come un mio idio”), le parole sono diventate strumento per raccontare emozioni con metafore e similitudini che sono un piacere da ascoltare.

Benedetto sia ’l giorno, e ’l mese, e l’anno,
e la stagione, e ’l tempo, e l’ora, e ’l punto,
e ’l bel paese, e ’l loco ov’io fui giunto
da’ duo begli occhi che legato m’hanno;
E benedetto il primo dolce affanno
ch’i’ebbi ad esser con Amor congiunto,
e l’arco, e le saette ond’i’ fui punto,
e le piaghe che ’nfin al cor mi vanno.
Benedette le voci tante ch’io
chiamando il nome de mia donna ho sparte,
e i sospiri, e le lagrime, e ’l desio;
e benedette sian tutte le carte
ov’io fama l’acquisto, e ’l pensier mio,
ch’è sol di lei, sì ch’altra non v’ha par