L’intelligenza artificiale ha mostrato tutte le sue potenzialità. Ma sono molte le voci che si levano contro l’uso che si farà di questa tecnologia che può semplificarci la vita, ma che non deve andare a sostituirsi alla mente umana. Tra queste voci c’è anche quella di un amatissimo e famosissimo regista e attore italiano. Carlo Verdone recentemente ha espresso i suoi timori in merito all’uso che si farà dell’intelligenza artificiale nel cinema. Lui teme che possa essere la fine del cinema d’autore, dell’arte, della creatività umana.
In occasione del Giffoni Film Festival, il festival cinematografico per bambini e ragazzi che si svolge ogni anno, nel mese di luglio nella città di Giffoni Valle Piana, in provincia di Salerno, in Campania, l’attore, regista, sceneggiatore e comico italiano nato a Roma nel 1950 esprime i suoi dubbi sull’uso che si potrebbe fare dell’intelligenza artificiale nella settima arte. Timori del tutto legittimi, perché il problema non è il “mezzo”, ma come il mezzo può essere usato.
Intelligenza artificiale e cinema, Carlo Verdone contrario
«Se arriveremo al punto in cui l’intelligenza artificiale farà ritornare Carlo Verdone a quando aveva 38 anni e faceva le cose… e mi mettono su un film così, comprando la mia immagine, io non accetterei mai. L’intelligenza artificiale è la morte del cinema d’autore». Queste le parole del regista romano. Regista che al Giffoni Film Festival ha presentato la seconda stagione di Vita da Carlo, serie tv di successo della quale Carlo Verdone è regista e attore.
L’intervento riguarda non solo i dubbi degli ultimi tempi derivanti dall’uso che si potrebbe fare dell’intelligenza artificiale in ogni campo, ma anche in seguito allo sciopero degli sceneggiatori e attori che che ad Hollywood ha bloccato ogni tipo di produzione. Da qualche mese, infatti, le case di produzione americane stanno tentando di usare sempre più l’intelligenza artificiale, sia per sostituire gli sceneggiatori, sia per sostituire gli attori, in particolare le comparse. Attori che ora sono al fianco degli addetti ai lavori, che fanno parte Writers guild of America, il più importante sindacato di sceneggiatori statunitense, che da maggio sono in piazza.
«Stiamo attenti anche agli algoritmi che definiscono il finale dell’opera. Il finale lo stabiliscono gli sceneggiatori. Quella è una ‘paraculata’ per avere il finale pieno d’ottimismo e per agganciare il pubblico. Non va bene, anche questa è la morte degli autori». Queste le parole di Carlo Verdone in merito ai sacrosanti timori che chi lavora nel cinema ha da quando si è pensato di introdurre l’intelligenza artificiale in varie fase di produzione di film e serie tv.
Il regista poi aggiunge: «Questo è uno sciopero sacrosanto perché mette dei paletti. Se la sceneggiatura la scrive l’intelligenza artificiale allora noi non ci siamo. E così il finale, se lo scrive l’algoritmo basta, a quel punto è finita l’arte, il cinema, le serie».
I timori dell’uso dell’intelligenza artificiale del cinema da parte degli addetti ai lavori
Duncan Crabtree-Ireland, tra i leader del sindacato degli attori Sag-Aftra, si dice altamente preoccupato della deriva che le grandi case di produzione americane stanno prendendo. Deriva presa per tentare di risparmiare sui costi di produzione, non considerando però tutti i risvolti che scelte di questo tipo potrebbero avere. «Ci hanno proposto la possibilità di scannerizzare le comparse e pagarle per un giorno di lavoro, in modo che le aziende diventino proprietarie di quella scansione e della loro immagine e possano usarla per tutto il tempo che vogliono su qualsiasi progetto, senza consenso e senza compenso. Se pensate che sia una proposta innovativa, vi suggerisco di ripensarci».
C’è anche chi pensa che non bisogna avere paura dell’intelligenza artificiale
Di diverso avviso è, infatti, un collega di Carlo Verdone. Pupi Avati, infatti, all’apertura del Forum “Cinema, Music and Artificial Intelligence: What is the Deal?”, in occasione della 21esima edizione di Ischia Global Film and Music Festival, ha detto: «Le persone veramente creative non devono avere nessuna paura, perché sanno che la creatività la devono al dolore, al senso di inadeguatezza, alla vulnerabilità, tutte cose che l’intelligenza artificiale non produce». Il regista bolognese, premiato a Ischia, ha aggiunto: «L’intelligenza artificiale è assertiva, è qualche cosa che obbedisce a delle regole che sono primarie quindi chi dovrà aver paura? Io sono certo che ci sarà una grande selezione. I mestieranti, quelli che applicano le tecniche, ecco questi probabilmente dovranno rivedere le loro posizioni. Chi non avrà un mondo da raccontare, uno sguardo, una calligrafia, un tono voce, potrà tornare probabilmente a fare l’impiegato banca».
Per lui è invece una grande innovazione: «Rischi per la libertà intellettuale? Quando