Cos’è la città 30: non riguarda solo il limite di velocità

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Patrizia Chimera
Patrizia Chimera
Giornalista pubblicista di attualità e lifestyle. Spirito zen, curiosità innata, ama sempre mettere tutto in discussione
Tempo di lettura stimato: 3 minuti
Città dei 30
Foto di Leigh da Pixabay

Nelle ultime ore si parla tanto delle cosiddette “Città 30“. Spesso il riferimento è solo e unicamente al limite orario con cui le autovetture possono sfrecciare in questi centri urbani. In realtà, il discorso è un po’ più complesso, anche se di semplice spiegazione. E rimanda all’obiettivo 11 dell’Agenda 2030, che mira a realizzare città sempre più resilienti e a misura di persona. Anche partendo dai limiti di velocità.

Una nuova concezione della città e degli spazi, per centri urbani che non siano più creati solo ed esclusivamente per le auto e i mezzi di trasporto, ma anche per i cittadini, i pendolari, i turisti che vivono quelle zone. Un nuovo concetto di mobilità, ma anche di vita nella città, per riappropriarci di spazi che sono stati portati via da asfalto e carreggiate. E che spesso non permettono alle persone di vivere serenamente nei centri abitati urbani. Ma da quando se parla in Italia?

Milano diventerà Città 30… Forse sì, forse no

Tutto è iniziato quando il Consiglio Comunale di Milano ha deciso di approvare un ordine del giorno in cui si invita il sindaco a far diventare Milano Città 30. Il primo riferimento, quello più chiaro e lampante, riguarda proprio l’istituzione del limite di velocità in ambito urbano a 30 chilometri orari. Si partirà dal primo gennaio 2024 secondo la proposta, che dovrà però ricevere un parere dalla giunta comunale. Niente di definitivo, dunque, solo un ordine del giorno, appunto, sul quale ci si dovrà esprimere in tempi, si spera brevi.
L’assessora alla Mobilità Arianna Censi ha già però detto di essere molto interessata all’argomento. Forse tra qualche settimana Milano potrebbe essere davvero proclamata come Città 30. Con tutto quello che una scelta del genere comporta.

Contro l’amministrazione comunale, che sembrerebbe interessata all’argomento, si scaglia però il ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti del Governo di Giorgia Meloni. Matteo Salvini ha voluto ricordare su Twitter che a Milano la gente deve andare a lavorare. Eppure esempi di città 30 ce ne sono molti, in tutta Europa, ma anche in Italia.

Città 30, non solo limiti di velocità

In Italia, quando si parla di Città 30, si fa solo ed esclusivamente riferimento al passaggio dall’attuale limite di velocità di 50 km/h ai 30. Ma il concetto va oltre questo cambio di rotta.
In realtà, si tratta di ripensare i centri urbani a misura di persona, cambiando cultura e mentalità. Viviamo in un paese in cui l’uso dell’automobile è spesso esagerato. Anche se possiamo prendere mezzi diversi, continuiamo a intasare (e inquinare) le strade cittadine con mezzi a motore. I progetti di Città 30, invece, spiegano che, grazie ad alcuni accorgimenti, si possono evitare tanti fastidi di cui spesso ci lamentiamo nelle grandi città, a partire proprio dagli ingorghi e dalle lunghe file ai semafori.

Il cambio di mentalità riguarda anche il voler lasciare l’auto a casa, perché le città sono cambiate e permettono di girare più tranquillamente in bici o perché i mezzi di trasporto pubblico sono stati migliorati. In questo modo, le persone si riappropriano degli spazi cittadini, riducendo le carreggiate per le auto e aumentando le piste ciclabili e i marciapiedi. I centri urbani tornerebbero a essere vivibili e fruibili da tutti e non solo a misura di macchina, come del resto sono concepiti oggi, soprattutto nelle più grandi realtà.

Matteo Dondé, urbanista esperto in pianificazione della mobilità ciclistica e nella moderazione del traffico, spiega cos’è la Città 30: «Significa permettere agli anziani di fare più passeggiate perché possono sedersi, ai bambini di andare a piedi o in bici a scuola da soliIl modello-automobile ci ha fatto pensare che tutto lo spazio dovesse essere dedicato alle auto, ma non è necessariamente così». Insomma, potremmo tornare ad amare le nostre città e a non lamentarci più di quanto siano caotiche. Ma il cambio in Italia non è così scontato.

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Foto di Albrecht Fietz da Pixabay

Esistono già delle Città 30?

In Europa sono già molte le città che hanno cambiato il loro aspetto, per abbracciare questa nuova concezione di città, in cui tutti tornano a vivere il centro urbano in ogni suo aspetto. Non più chiusi dentro abitacoli, isolati dagli altri, ma condividendo spazi, sguardi, parole. Non verremo rallentati, ma la nostra qualità della vita migliorerà. Come hanno dimostrato i progetti già in corso a Berlino, Barcellona, Edimburgo, Bruxelles, Parigi. Qui non in tutte le strade è stato applicato il limite dei 30. Questo è solo un punto di partenza, per le zone in cui poter contare su una maggiore viabilità a piedi o in bici. Ogni città deve capire qual è la sua strada.

Chi ha già sperimentato questa nuova cultura della mobilità, dati alla mano, parla di riduzione degli incidenti e dei morti in strada, dell’aumento di biciclette in giro, della diminuzione di auto in circolazione (e quindi di inquinamento), della migliore vivibilità degli spazi pubblici. Che potrebbero tornare a essere davvero vissuti e non solo visti di corsa e in gran fretta dal finestrino di un’auto.