Cambiamenti climatici e terremoti, c’è un nesso? Cosa succede quando la temperatura della Terra inizia ad aumentare? Se lo scioglimento dei ghiacciai e l’innalzamento delle acque sul pianeta sono sicuramente i fenomeni naturali più evidenti, ce ne sono altri frutto di reazioni a catena che gli scienziati dicono di non sottovalutare.
Gli scienziati ci dicono che sì, è possibile che eventi catastrofici sempre più frequenti, come i grandi terremoti che, purtroppo, stanno interessando tutto il mondo, possono essere collegati a quel climate change contro il quale dobbiamo lottare con tutte le nostre forze per evitare il peggio. E la scienza ci spiega il perché.
Cambiamenti climatici e catastrofi.
La Terra è come un gigante che dorme.
Con queste parole Bill McGuire, insegnante di geofisica all’University College di Londra e uno dei principali vulcanologi britannici, spiega qual è il possibile collegamento tra cambiamenti climatici ed eventi catastrofici. Nel suo ultimo libro, “Waking The Giant: How A Changing Climate Triggers Earthquakes, Tsunamis And Volcanoes” (2013), il docente spiega che la Terra è un gigante che dorme. Mentre riposa si gira e si rigira per gli stimoli esterni che riceve. Come ad esempio quando placche tettoniche si scontrano o si spostano. Ma secondo l’insegnante inglese anche quello che accade nell’aria può stimolare questi suoi spostamenti.
Il suo lavoro all’epoca venne accusato di essere troppo fantascientifico, poco vicino alla realtà. Ma oggi è stato rivalutato, anche in seguito a maggiori studi eseguiti.
Lui lo sosteneva già nel 2012. A distanza di tempo, molti dei suoi colleghi gli hanno dato ragione.
La Terra è un grande ecosistema, dove ogni piccola modifica ha un’influenza pesante sulla stabilità e l’armonia di questo mondo.
Le sfere della Terra sono collegate tra loro.
Atmosfera, idrosfera (e criosfera), biosfera e litosfera formano un ecosistema unico. E “vivono in equilibrio” tra loro. Un cambiamento in una di esse, può provocare cambiamenti anche profondi nelle altre.
Quando la concentrazione di carbonio aumenta nell’atmosfera, aumenta la temperatura sulla Terra, che a sua volta influenza la biosfera modificando la flora e alterando i raccolti. L’aumento di temperatura riduce la capacità di fotosintesi delle piante, che quindi vanno ad assorbire meno CO2. Che continua a crescere. L’innalzamento del termometro favorisce anche lo scioglimento dei ghiacciai, riducendo la criosfera e influenzando l’idrosfera, causando a sua volta un aumento del livello dei mari e andando ad alterare anche il meteo, con siccità o inondazioni sempre più gravi.
Quando nell’era glaciale, tra 20mila e 5mila anni fa, sulla Terra i grandi ghiacciai scomparvero, il livello degli oceani si alzò e sulla terra la pressione del peso di quei ghiacciai venne meno. Si creò un contraccolpo. Scientificamente si chiama “rimbalzo isostatico” o isostasia. Da un lato sulla crosta terrestre viene esercitata una pressione in meno, quella dei ghiacciai che si sono sciolti e che fino a poco tempo prima erano un “peso”, dall’altro una pressione in più, quella dell’acqua che aumenta nei mari. È come se una molla fosse stata azionata. La conseguenza principale è stata la comparsa di faglie e l’eruzioni di vulcani. Ma ci sono prove anche di tsunami terribili.
Ovviamente stiamo parlando di un processo lungo. Che può avvenire anche per migliaia di anni. Non siamo ancora al punto in cui si era arrivati nell’era glaciale, anche se le temperature aumentano sempre di più. E gli effetti di quanto descritto sopra si possono già vedere in Alaska. Qui in seguito all’innalzamento delle temperatura e alla diminuzione dei ghiacci si stanno verificando movimenti di faglie che prima erano state “limitate” proprio dalla presenza dei ghiacci. Anche l’esplosione del vulcano Eyjafjallajokull potrebbe essere una conseguenza del surriscaldamento e dei livelli più alti degli oceani. Così come l’aumento di frane. Anche sulle Alpi.
Le conseguenze dei cambiamenti climatici.
Per anni gli stessi scienziati sono stati cauti. Non c’erano evidenze scientifiche. Gli studi erano pochi in questo senso. Anche se le domande e i quesiti relativi a un collegamento tra cambiamenti climatici ed eventi catastrofici aumentavano esponenzialmente fenomeno dopo fenomeno. Ma recentemente i ricercatori hanno dato vita a numerose analisi, che hanno cercato di capire cosa rispondere a quelle domande.
Lo studio del 2017 condotto da un gruppo di esperti delle università americane di Stanford, Columbia, Northwestern, California-Los Angeles e della Nasa, dal titolo Proceedings of the National Academy of Sciences, è partito formulando l’ipotesi che il riscaldamento terrestre non ha alcun ruolo. Poi tramite analisi statistiche i ricercatori hanno cercato di capire se l’ipotesi di partenza fosse corretta. Un approccio prudenziale, come lo hanno definito gli studiosi. Che è come quando in un processo diamo per scontata l’innocenza dell’imputato fino a prova contraria.
Gli esperti hanno scoperto che l’impatto dell’uomo sulla terra ha aumentato, ad esempio, il rischio di siccità e piogge alluvionali. E guardando ai dati storici, secondo Noah Diffenbaugh, del Department of Earth system science della Stanford University, “non c’è dubbio che il riscaldamento globale stia accadendo e che gli eventi estremi sono in aumento in molte aree del mondo. La gente prende un sacco di decisioni che dipendono dal tempo, quindi ha senso che voglia sapere se il riscaldamento globale sta rendendo gli eventi eccezionali più probabili. Come scienziati, dobbiamo fare in modo di assicurare che ci siano informazioni accurate, obiettive e trasparenti con cui lavorare quando si prendono queste decisioni“.