Progetto Life Ursus: perché (e come) il Trentino è stato ripopolati di orsi

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Patrizia Chimera
Patrizia Chimera
Giornalista pubblicista di attualità e lifestyle. Spirito zen, curiosità innata, ama sempre mettere tutto in discussione
Tempo di lettura stimato: 3 minuti
orsi in Trentino
Foto di Olen Gandy su Unsplash

Il caso tiene banco nel dibattito politico, dei tribunali e anche dei social, con due fazioni nette che sono venute a delinearsi, spesso non inclini a comprendere fino alla radice qual è il problema. Ci riferiamo, purtroppo, al caso della morte di Andrea Papi, il runner che ha perso la vita mentre correva nei boschi della Val di Sole che conosceva molto bene. Ad aggredirlo un’orsa, che vive in quelle zone ed era lì con i suoi cuccioli. Le analisi hanno identificato in JJ4 il nome dell’orsa colpevole della morte del runner.

Subito, oltre alla grande commozione per la scomparsa di una persona in un incidente terribile, sono nate due fazioni. Chi si scaglia nettamente contro l’orso, come il presidente della provincia, che vuole vendetta e uccidere mamma orsa. E chi lo difende, sottolineando che l’orso ha fatto l’orso, visto che era a casa sua, come le associazioni animaliste, che chiedono invece giustizia e che sia fatta chiarezza sulle responsabilità dell’incidente.

La linea è molto sottile. E in molti casi non si tiene in considerazione una cosa. Gli orsi in Trentino non c’erano più, erano scomparsi, in larga parte per colpa delle attività umane che ne hanno limitato l’habitat. Un giorno qualcuno ha deciso di reintrodurli, non tenendo conto che, però, la popolazione sarebbe cresciuta. E non mettendo in campo politiche idonee a mantenere serena la convivenza tra animali selvatici ed esseri umani.

Progetto Life Ursus, cos’è

Gli orsi in Trentino e sulle Alpi centrali non c’erano quasi più. Spariti con l’avanzare delle attività umane che ne hanno modificato gli habitat, mettendo a rischio la loro esistenza. Una ventina di anni fa il Progetto Life Ursus li ha reintrodotti, al fine di salvare gli orsi autoctoni prima di parlare di rischio di estinzione o di estinzione vera e propria.

L’idea è del 1992, quando è stato delineato il Piano faunistico del Parco nazionale Adamello Brenta. Quattro anni dopo il progetto è partito Parco Adamello Brenta con la collaborazione con la Provincia Autonoma di Trento e l’Istituto nazionale della Fauna Selvatica. Un programma finanziato dall’Unione Europea per riportare una piccola comunità di orsi bruni nelle zone del Trentino occidentale, Bolzano, Sondrio e Verona. Gli animali selvatici dovevano essere costantemente monitorati e seguiti, anche con radiocollari.

Tra il 1999 e il 2020 il Trentino ha importato 10 esemplari dalla Slovenia. L’ipotesi era quella che potessero far crescere la comunità di orsi, creando una comunità di circa 40-50 esemplari in 20 anni. Ma le cose sono sfuggite di mano, visto che oggi in Trentino vivono quasi un centinaio di orsi.

orsi a rischio di estinzione
Foto di Becca su Unsplash

Il caso di Andrea Papi e le aggressioni precedenti

Andrea Papi è solo l’ultima aggressione da parte di un orso in Trentino, purtroppo con un epilogo tragico. Il 22 giugno del 2020 lo stesso esemplare aveva aggredito Fabio Misseroni e Christian, padre e figlio. Già all’epoca la Provincia di Trento aveva deciso il suo abbattimento, ma il Tar aveva fermato la “mano del boia”.
In precedenza, aveva fatto parlare di sé il fratello di JJ4, orsa di 19 anni, figlia di Joze e Jurka, importati dalla Slovenia: JJ1 o Bruno aveva passato il confine austriaco ed era arrivato in Germania, dove aveva dato del filo da torcere ad agricoltori e allevatori. Nel 2016 lo hanno abbattuto. Come l’altro fratello JJ3, ucciso in Svizzera dove aveva sconfinato.

Questa volta, però, Andrea Papi, purtroppo, è deceduto a causa delle ferite gravi riportate dall’aggressione dell’orsa che, secondo gli esperti, stava difendendo i suoi cuccioli, considerando il runner un potenziale pericolo. E il presidente della provincia ha deciso di condannare a morte l’orsa, quando forse il problema di tutte queste aggressioni o problemi non sono da imputare meramente agli animali selvatici, ma a una gestione non consona del progetto europeo per reintrodurre orsi in Trentino.

Il problema secondo Massimo Vitturi, responsabile nazionale dell’area Animali Selvatici della LAV – Lega Anti Vivisezione, è che, a parte un rapporto annuale intitolato “Grandi carnivori” della Provincia di Trento, non è stato fatto molto per rendere più sicuro il progetto. “Il grosso problema è che poi nulla è stato fatto dalla Provincia di Trento, che ha voluto questo progetto. Ma soprattutto non ha dato corso a tutte le attività di educazione alla presenza dell’orso. Questa è stata la mancanza più grave, che poi ha determinato tutto ciò che si è verificato nel corso degli anni e che ha avuto un’evoluzione così tragica, come la morte del runner“.

Foto di Zdeněk Macháček su Unsplash

Il Tar ferma la Provincia, che però ha catturato l’orsa

Su JJ4 pende una condanna di morte da parte del presidente di provincia Fugatti. Il TAR, su insistenza delle associazioni animaliste come LAV e WWF, ha fermato la procedura. Ma la provincia è andata avanti con il suo progetto, raggiungendo l’orsa e rinchiudendola in gabbia al Casteller di Trento, separandola, tra l’altro, dai suoi cuccioli di 2 anni, rimasti da soli a sopravvivere nei boschi trentini.

La LAV in un comunicato spiega: “JJ4 è stata catturata la scorsa notte e ora l’orsa si trova rinchiusa al Casteller di Trento, viene così a decadere ogni pretesto riguardo la sicurezza dei cittadini che secondo il Presidente Fugatti giustificherebbe l’uccisione dell’orsa“.
L’associazione sarà a Trento il 19 aprile per chiedere un incontro urgente con il Presidente Fugatti così da organizzare il trasferimento in un rifugio all’estero. “È tanto più evidente che ora il TAR di Trento ha tutto il tempo per decidere sulla cancellazione dell’Ord