I numeri dell’inquinamento da plastica sono impressionanti e la presenza di questo materiale è ormai riscontrata ovunque: dalle spiagge alle acque di fiumi e laghi, dagli abissi oceanici fino alle vette più alte del Pianeta. Con conseguenze disastrose. La plastica soffoca gli oceani, devasta gli habitat, minaccia l’esistenza di centinaia di specie animali, entra nella catena alimentare, si riversa nei nostri piatti e rappresenta un serio rischio per la salute di tutti noi. Si conta che nelle sole acque del Mediterraneo ne finiscano ogni anno 570 mila tonnellate. È come se venissero gettate in mare 33.800 bottiglie al minuto.
La situazione è drammatica. Neppure il riciclo, così com’è organizzato attualmente, fa ben sperare. Discariche e inceneritori rappresentano ancora le metodologie principali per la gestione dei rifiuti. Come se non bastasse, gli sforzi che sono stati effettuati finora per favorire un corretto smaltimento, non riusciranno a evitare che 104 milioni di tonnellate di plastica vengano disperse in natura entro il 2030.
Nonostante il moltiplicarsi a livello globale di leggi, direttive e iniziative plastic-free, i dati parlano da soli. Allo stato attuale delle cose, la plastica non può essere eliminata completamente. Per far fronte alla sua propagazione si cercano allora soluzioni alternative, trasformando questo materiale da antagonista dell’ambiente in una risorsa o più precisamente in una moneta di scambio. Nel mondo gli esempi non mancano e sono spesso illuminanti.
Plastica per pagare assistenza sanitaria e rette scolastiche.
Il progetto Plastic Bank.
Il progetto Plastic Bank nasce nel 2013 da un’idea di David Katz e Shaun Frankson. L’iniziativa coniuga la lotta all’inquinamento al sostegno nei confronti delle persone indigenti. Si tratta di una catena di negozi, presenti in vari paesi tra cui le Filippine e il Brasile, in cui è possibile consegnare rifiuti di plastica ricevendo in cambio beni o servizi di prima necessità, che spaziano dai combustibili sostenibili al traffico dati per smartphone. In questi centri di raccolta speciali, generalmente allestiti nelle aree più povere dove sono presenti vere e proprie discariche a cielo aperto, la plastica può essere utilizzata anche come moneta di scambio per pagare corsi di formazione e rette scolastiche o per attivare forme di assistenza sanitaria e assicurativa. La plastica, così, da rifiuto assume i connotati di “Social Plastic”, trasformandosi in gettoni digitali investiti per realizzare prodotti etici in sostegno della popolazione più povera.
Plastica in cambio di consumazioni.
Il Rubbish Café.
La plastica si converte in moneta scambio anche nel londinese Rubbish Café. Il locale ha aperto i battenti nella primavera del 2018 nel rinomato quartiere di Covent Garden, su iniziativa di Ecover, brand noto per il proprio impegno nei confronti della salvaguardia ambientale. Ancora una volta, alla plastica viene conferita una valorizzazione economica. I clienti del Rubbish Cafè, infatti, possono utilizzare tappi, bottiglie, contenitori, cannucce e rifiuti di vario tipo realizzati con questo materiale per pagare le proprie consumazioni. Il patto da rispettare è uno solo: tutti gli oggetti consegnati devono essere riciclabili.
Plastica per pagare le visite mediche.
Dr. Plastic.
Un’altra storia che unisce solidarietà e lotta all’inquinamento da plastica proviene invece dall’Indonesia. In questo paese, per l’esattezza nella località di Cianjur, vive il dottor Yusuf Nugraha. Il medico è balzato agli onori della cronaca per un’iniziativa degna di nota. In Indonesia sono molte le persone che non riescono ad accedere ad adeguate cure sanitarie a causa dei costi spesso proibitivi. Il dottor Nugraha ha così deciso di permettere ai pazienti più poveri di pagare i propri trattamenti, utilizzando le bottiglie di plastica come moneta di scambio. Il concetto è semplice ma efficace: per ogni dieci bottiglie di plastica consegnate i pazienti ricevono un voucher utilizzabile per una visita gratuita. Grazie all’ingegnoso sistema di pagamento ideato, il medico, così, non solo supporta i poveri ma contribuisce a contrastare il problema dei rifiuti, che stanno invadendo i territori dell’Indonesia, come accade del resto in ogni parte del mondo. Questa iniziativa, non a caso, è valsa a Yusuf Nugraha l’appellativo di “Dr. Plastic”.
Biglietti dei mezzi in cambio di bottiglie.
I casi di Surabaya e Pechino.
Sempre dall’Indonesia proviene un altro caso esemplare. Da diversi mesi Surabaya, la seconda città del Paese, ha dichiarato guerra alla plastica, spronando i propri abitanti alle buone pratiche del riciclo. Ancora una volta l’idea, nella sua semplicità, appare geniale. Ai cittadini basta consegnare bottiglie e bicchieri di plastica usati per poter viaggiare gratuitamente sugli autobus urbani. La plastica viene successivamente venduta ad aziende specializzate nel riciclo. Con i soldi ricavati, si svolgono tutta una serie di lavori di pubblica utilità: dalla creazione di aree verdi alla gestione dei mezzi cittadini.
Quello di Surabaya in realtà è solo un prototipo di una lunga serie di iniziative analoghe diffuse ad ogni latitudine del globo. Nella popolosa Pechino, in Cina, per esempio, è attivo da diversi anni un sistema di raccolta incentivante. Inserendo dieci bottiglie di plastica in apposite macchine eco-compattatrici, i viaggiatori ricevono uno sconto sul biglietto o sull’abbonamento della metropolitana.
Quello che sta succedendo a Roma.
Con qualche anno di ritardo, l’idea è arrivata anche in Italia. Da poche settimane, in alcune stazioni della metropolitana di Roma, per ogni bottiglia di plastica consegnata i passeggeri ricevono un ecobonus utilizzabile per l’acquisto di biglietti dell’ATAC, l’azienda di trasporti pubblici locali. Il progetto è stato per ora introdotto in via sperimentale per dodici mesi nelle stazioni metro di Cipro sulla linea A, Piramide sulla B e San Giovanni sulla C. I risultati sono stati da subito positivi, con oltre 11 mila bottiglie raccolte in meno di una settimana dal lancio.