Il 2023 si apre con una bella notizia per quello che riguarda l’ambiente. A darci un annuncio storico che attendiamo ormai da decenni è l’Onu, nel report pubblicato dal Segretariato del programma ambientale dedicato a un argomento che dovrebbe stare a cuore a tutti, il buco dell’ozono. A quanto pare siamo sulla strada giusta per poter annunciare, a breve, la sua totale chiusura.
Secondo quanto riportato nel rapporto dalle Nazioni Unite, infatti, entro il 2040 la situazione si stabilizzerà, mentre entro il 2045 potremmo dichiarare ricreato lo strato di ozono presente sull’Artico. Per attendere la stessa buona notizia per lo strato presente sull’Antartide, invece, dovremo attendere il 2066. Non solo good news nel report, perché se in realtà nelle fasce più elevate della stratosfera i miglioramenti sono progressivi, non possiamo dire altrettanto nelle fasce più basse, dove il recupero è lento, se non completamente fermo.
Dagli anni Ottanta occhi puntati sullo strato di ozono
Era il maggio del 1985 quando tre scienziati del British Antarctic Survey hanno scoperto un buco nello strato di ozono, quella parte sottile dell’atmosfera che avvolge il nostro pianeta che ha il compito di assorbire le radiazioni ultraviolette del Sole potenzialmente nocive per la Terra e per ogni suo essere vivente. Senza lo strato di ozono, i danni sarebbero irreparabili anche per gli esseri umani, con un rischio aumentato di sviluppare i tumori della pelle.
Il buco dell’ozono è un problema che cerchiamo di affrontare fin dagli anni Ottanta, consapevoli del fatto che, come l’inquinamento e il riscaldamento globale, la maggior parte delle colpe è da individuarsi in attività umane sconsiderate, che causano danni inimmaginabili al pianeta che ci ospita. Nel 1987 è stato preso un accordo internazionale, il Protocollo di Montreal, firmato da 46 Paesi, per smettere di usare le sostanze che assottigliano lo strato di ozono, provocandone il cosiddetto buco. Sostanze come i clorofluorocarburi (Cfc), che vengono impiegati in elettrodomestici di uso quotidiano come i frigoriferi e i condizionatori d’aria.
Grazie a questo accordo e una sempre maggiore consapevolezza del nostro impatto sull’ambiente, le cose sono lentamente ma inesorabilmente migliorate. A oggi dal mondo abbiamo eliminato quasi il 99% delle sostanze che provocano un assottigliamento dello strato dell’atmosfera terrestre che ci protegge dai raggi del sole.
Entro quando il buco dell’ozono si chiuderà definitivamente?
Si intitola “Scientific Assestment of Ozone Depletion: 2022“, il nuovo rapporto dell’Onu dedicato al tema. Il rapporto viene pubblicato ogni 4 anni, per capire i progressi del Protocollo di Montreal. All’interno sono contenuti dati che fanno ben sperare sulla veloce vittoria di una battaglia che da 40 anni ci tiene con il fiato sospeso. Secondo gli scienziati, infatti, entro il 2040 si tornerà a una situazione che potremo considerare stabile. Mentre, entro il 2045 lo strato di ozono sull’Artico sarà di nuovo perfetto come un tempo. Dovremo aspettare, invece, il 2066 per ricreare lo strato di ozono sull’Antartide.
Nel dettaglio, a migliorare sono le fasce più alte della stratosfera. Mentre si registrano ancora molti problemi nelle fasce più basse per quello che riguarda la salute dello strato di ozono. In realtà, gli scienziati si aspettavano miglioramenti anche in questa seconda zona. Purtroppo il lavoro da fare è ancora molto.
«Il Protocollo di Montreal è riuscito a salvaguardare lo strato di ozono, portando a un notevole recupero dello strato di ozono nella stratosfera superiore e a una diminuzione dell’esposizione umana ai dannosi raggi ultravioletti del Sole». L’assottigliamento dello strato di ozono non è direttamente una causa del cambiamento climatico. Ma proteggere questa risorsa potrebbe aiutare ad avere un impatto positivo anche sul riscaldamento globale. Anche perché, alcune sostanze messe al bando dall’emendamento di Kigali del 2016, un ulteriore accordo oltre al Protocollo di Montreal, sono anche potenti gas serra.
Il Protocollo di Montreal ha funzionato, ma non bisogna fermarsi
Tanto è già stato fatto, ma la situazione merita ancora tutta la nostra attenzione e la nostra preoccupazione. Le misure messe in campo fino a oggi hanno funzionato alla perfezione. Fino al 2000 il buco ha continuato ad allargarsi, per poi iniziare a restringersi. Le buone notizie sono merito di tutto ciò. Ma non è il momento per abbassare la guardia, anzi, bisogna intensificare il lavoro.
Meg Seki, segretario esecutivo del Segretariato per l’ozono del Programma delle Nazioni Unite per l’Ambiente (UNEP), spiega che se le politiche attuali rimangono in vigore si può ben sperare di risolvere il problema entro il periodo preso in considerazione dagli scienziati. Considerando anche, però, che le dimensioni del buco dipendono non solo dalle sostanze messe al bando, ma anche dalle condizioni meteo. Il Segretario generale dell’Organizzazione meteorologica mondiale Petteri Taalas aggiunge: «L’azione sull’ozono costituisce un precedente per l’azione sul clima. Il nostro successo nell’eliminare gradualmente le sostanze chimiche che danneggiano l’ozono ci mostra cosa si puo’ e si deve fare – con urgenza – per abbandonare i combustibili fossili, ridurre i gas serra e quindi limitare l’aumento della temperatura».